martedì 29 aprile 2008

Caspar David Friedrich: Vita e Analisi delle Opere del pittore del Romanticismo tedesco

Caspar David Friedrich nacque nel 1774 a Greifswald in Pomerania, all’epoca sotto il controllo del Regno di Svezia. Dal 1794 al 1798 studiò presso l’Accademia d’Arte di Copenaghen in Danimarca. Nel 1798 si trasferì a Dresda, dove visse fino alla sua morte nel 1840. Si rifiutò sempre di compiere il tradizionale viaggio in Italia.

Friedrich è il maggiore esponente della pittura romantica tedesca ed è l’artista che meglio ha saputo trasmettere su tela la tensione umana verso l’infinito e l’anima universale, a cui appartengono l’uomo e la natura.

Secondo Friedrich: “Il compito dell’artista non è la rappresentazione fedele dell’aria, dell’acqua, delle rocce, degli alberi: la sua anima e la sua sensibilità devono rispecchiarsi nella sua opera. Il compito di un’opera d’arte è di riconoscere lo spirito della natura, comprenderlo, registrarlo e renderlo con tutto il cuore e il sentimento”.


E’ impossibile non percepire un senso di desolazione e di inquietudine nell’osservare il “Monaco in riva al mare” (1808-1809, olio su tela, 110 x 171 cm, Berlino).
Si possono distinguere tre zone in cui la tela è suddivisa, ma, trasmettono lo stesso senso di vuoto e l’occhio ha difficoltà a soffermarsi su un unico punto.
Lo scrittore Heinrich von Kleist, a tal proposito, disse: “A causa della sua monotonia e sconfinatezza, con nient’altro se non la cornice come sfondo, uno sente come se le proprie palpebre fossero state tagliate via”.
Dinnanzi alla vastità della natura si distingue la piccola figura di un monaco in contemplazione sulla spiaggia, che evidenzia il contrasto tra la finitezza dell’uomo e l’infinitezza dell’universo.
Rauch commentò: "Si tratta sempre del dialogo del singolo con l'incommensurabilità dell'universo, un dialogo che invano attende una risposta di Dio".


Nella "Abazia nel querceto” (1809, olio su tela, 110,4 x 171 cm, Berlino) manca il senso della profondità e le forme assumono sembianze astratte, facendo percepire una certa insofferenza da parte Friedrich nei confronti delle convenzioni.
Le croci conficcate nel terreno e le figure spettrali dei monaci, che trasportano le spoglie dell’artista stesso verso la sepoltura, sono espressione di un’attenzione per i simboli religiosi e di un gusto cimiteriale.
Il tragitto compiuto dalla salma, che sta per varcare il portale dell’abazia, rappresenta il passaggio dalla vita terrena alla vita eterna, quest’ultima simboleggiata dalle prime luci dell’alba, che irradiano un gelido mattino invernale.
Le rovine del convento creano una immagine al di fuori del tempo, rievocando il Medioevo ed una intensa spiritualità religiosa, confinata ed oppressa dal razionalismo settecentesco.
Nel 1830 Friedrich scrisse: “Chiudi il tuo occhio fisico, così che tu possa vedere il quadro con l’occhio dello spirito. Poi porta alla luce del giorno ciò che hai visto nell’oscurità, così che possa reagire con gli altri, dall’esterno verso l’interno”.


Il naufragio della Speranza” o “Il mare di ghiaccio” (1832, olio su tela, 73,5 x 102,5 cm, Berlino) è un dipinto di soggetto nazionalistico, realizzato su commissione.
Tra le lastre di ghiaccio che svettano verso l’alto, si intravede una nave incagliata e si può intuire il dramma, ormai giunto a conclusione, di coloro che vi sono rimasti intrappolati.
La tragedia si è elevata, in questo caso, fino a toccare il sublime. La natura, infatti, si è scatenata con tutta la sua forza contro l’uomo, il quale può solo rendersi conto della propria impotenza di fronte ad essa.
Il contrasto luminoso creato dal rosso della luce che si riflette sui ghiacci, accentua ulteriormente il senso tragico e terrificante che pervade quest’opera.
“Il naufragio della Speranza”, molto probabilmente, rappresenta la speranza di unificare i territori tedeschi, che ormai sembra essere naufragata.

Pubblicato su UNO PROVOCATORIO

Harvie Krumpet - Cortometraggio Oscar 2004

Questo corto è stato realizzato da Adam Elliot nel 2004 e in quell'anno ha vinto l'oscar come miglior corto animato. Di seguito trovate la parte 2 e 3. E' davvero bello!! Buona visione.

lunedì 28 aprile 2008

I Macchiaioli



In riferimento all'articolo sulla mostra di Taragoni, colgo l'occasione per parlare dei Macchiaioli (che vedete nella foto in posa gogliardica). La "scuola" dei Macchiaioli, nata nel 1856, è uno dei movimenti artistici più importanti del panorama italiano e anche internazionale di fine Ottocento. Il termine è stato coniato in senso dispregiativo perchè questi pittori erano delle personalità anticonformiste, fuori dagli schemi, rifiutavano le regole accademiche e rivendicavano la propria libertà artistica. La "sede" di questa "scuola" (che altro non era se non una comunità di giovani talenti legati dall'amicizia e dagli intenti) era una saletta del Caffè Michelangelo a Firenze nella quale, in un clima fremente ed irrequieto, tra una bevuta e una chiaccherata, questi artisti teorizzavano una nuova filosofia di pittura, scambiandosi impressioni e stimoli l'uno con l'altro. La loro poetica era in contrasto con Romanticismo o Neoclassicismo, era piuttosto legata ad una forma di Verismo; una pittura a stretto contatto con la realtà. I Macchiaioli affermavano che la forma non esiste, tutto è creato dalla luce e viene percepito dall'occhio umano attraverso il colore. Per questo motivo il mondo, la natura, vanno rappresentati sulla tela con macchie di colore, ora distinte ora sovrapposte ad altre macchie. Certamente il quadro deve rappresentare alla fine la forma che sta davanti agli occhi del pittore (non stiamo parlando di arte astratta), ma il modo di dipingere è quanto mai innovativo. Inevitabile notare l'affinità con i colleghi impressionisti (frequenti furono le visite di questi artisti a Parigi); probabilmente le due scuole si sono vicendevolmente influenzate essendo nate nello stesso periodo. Ai Macchiaioli va il merito di aver portato la pittura fuori dalle stanze delle accademie, l'atto creativo a diretto contatto con la natura, en plein air direbbero i francesi.







Silvestro Lega Il pergolato













Giovanni Fattori Il riposo










Telemaco Signorini La toilette del mattino

sabato 26 aprile 2008

Artisti Vari - Encores, Legends & Paradox: An Emerson, Lake & Palmer Tribute CD



Artisti Vari - Encores, Legends & Paradox: An Emerson, Lake & Palmer Tribute CD (1999)

Genere Progressive Rock

Molti artisti componenti di band di fama mondiale (tra cui Dream Theatre e Magellan) riarrangiano alcune imperdibili canzoni dei leggendari ELP (gruppo progressive rock inglese).
Non si tratta di un album di covers vero e proprio, ma di un tributo originalissimo in cui le canzoni sono molto spesso parecchio diverse dalle originali, a volte forse quasi migliori...
Atmosfere molto raffinate, con elettronica sempre al massimo livello e sonorità artificiali originalissime e mai ripetitive, e nel prog non sempre è facile.
Tracce da non perdere: Karn Evil 9 1st Impression, The Endless Enigma e ovviamente Tarkus, un evergreen degli ELP.



Tracce
1. Karn Evil 9 1st. Impression (8:51)
2. Bitches Crystal (4:41)
3. Toccata [Adaptation of Alberto Ginastera's 1st Piano Concerto, 4th Movement] (8:07)
4. Knife Edge [adapted from Janacek's Sinfonietta] (5:20)
5. A Time and a Place (6:14)
6. Hoedown [taken from Rodeo by Aaron Copeland] (3:46)
7. The Sheriff (5:57)
8. The Endless Enigma (10:18)
9. The Barbarian [adapted from Bela Bartok's Allego Barbaro] (4:44)
10. Tarkus (6:45)

Artisti
- Robert Berry / bass (1, 4, 6, 9, 10), guitar (1, 9), vocals (1)
- Trent Gardner / keyboards (2, 3, 5, 7, 8), vocals (7, 8)
- Wayne Gardner / bass (2, 3, 5, 7, 8), acoustic guitar (7)
- Simon Phillips / drums (1, 4, 6, 9, 10)
- Marc Bonilla / guitar (4, 6, 10)
- Jordan Rudess / keyboards (1, 6)
- Pat Mastelotto / percussion (2, 3)
- John Wetton / vocals (2, 7)
- Igor Khoroshev / piano (2), keyboards (9)
- Peter Banks / guitars (3, 7)
- James LaBrie / vocals (5, 10)
- Mike Portnoy / drums (7, 8)
- Mark Wood / violin (1)
- Matt Guillory / synthesizer (3)
- Glenn Hughes / vocals (4)
- Erik Norlander / keyboards (4)
- Doane Perry / drums (5)
- Martin Barre / guitars (5)
- John Novello / organ (5)
- Jerry Goodman / violin (6)
- Mark Robertson / Hammond (7)
- Geoff Downes / synthesizer (8 lead solo in outro)
- Derek Sherinian / keyboards (10)

Durata 64 Minuti 43 Secondi
Etichetta Magna Charta

mercoledì 23 aprile 2008

Mario Taragoni: la collezione in mostra a Venezia

L’Istituto Veneto di Scienze Lettere ed Arti di Venezia e Arthemisia dedicano al collezionista genovese, Mario Taragoni, una mostra che offre l’opportunità di vedere riunita, per la prima volta in modo completo, la collezione di dipinti dell’Ottocento toscano.

Finanziere, economista, grande collezionista d’arte, uomo di cultura, appassionato della pittura toscana e sostenitore dei valori del Risorgimento italiano, Mario Taragoni raccoglie nel periodo compreso tra le due Guerre, ma soprattutto nel Secondo Dopoguerra, una collezione di dipinti dei Macchiaioli assolutamente straordinaria.
Grazie a questa mostra si possono oggi ammirare dipinti celebri dei macchiaioli non presenti in esposizioni pubbliche da anni, tra gli altri: Ritratto di Signora; Donna con scialle rosa; La signora Clementina Bandini con le figlie a Poggiopiano di Silvestro Lega; La preghiera della sera; Tempo di pioggia; la Gramignaia e Sosta dei Lancieri di Giovanni Fattori; Il Ghetto di Firenze di Telemaco Signorini; Cappello di paglia di Armando Spadini; Vele al sole di Mario Puccini e numerosi altri capolavori dell’ottocento toscano.

martedì 22 aprile 2008

Dstrukt Showreel 2006: La nuova arte digitale

Il video mostra la nuova frontiera dell'arte grafica. Il motore software di Dstrukt permette di fare animazioni impensabili ricreando mondi e situazioni surreali. Nel video trovate il portfolio Dstrukt del 2006! Buona visione

lunedì 21 aprile 2008

Donne e pittura: Tamara de Lempicka



La pittura non è prerogativa solo di noi uomini. Le donne pittrici sono meno famose, inferiori in numero ma certamente non in talento e sensibilità. Un esempio è proprio la pittrice polacca Tamara de Lempicka, vissuta tra il 1898 e il 1980. Di origini aristocratiche ha vissuto in Polonia, poi a Parigi e all'inizio della seconda guerra si è trasferita negli USA, in California e successivamente a New York. All'inizio della sua carriera ha dovuto firmare alcune opere con un nome maschile. Donna dalla forte personalità, affascinata dalla femminilità (anche mentre era sposata ha avuto diverse relazioni con altre donne) ha conosciuto Marinetti (una sera in un locale parigino avevano progettato di incendiare il Louvre) e D'Annunzio. Frequentatrice di party mondani, dotata di grande slancio vitale, ma anche di periodi di grande depressione; nei suoi quadri (riconducibili all'Art Decò) vengono mostrati la vita, le personalità, la moda degli anni '30. Tamara ha uno stile molto particolare che ricorda i cubisti o lo stesso Cezanne; il disegno è molto curato, con linee precise, dirette; le forme sono plastiche, dalle curve semplici; i colori splendono per la loro vivacità, denotando una spiccata sensibilità e un'arte tutt'altro che fredda. Abile ritrattista, soprattutto di donne (notate come "descrive" le mani femminili), le sue figure non sono realistiche anche se molto definite, sono allucinate e morbide e paiono quasi uscire dalla tela. Insomma una grande pittrice, che non ha nulla da invidiare ai colleghi maschietti, anzi...





domenica 20 aprile 2008

Dave Gahan - Hourglass













Dave Gahan - Hourglass (2007)

Genere Pop Elettronico

Secondo lavoro solista per il frontman dei Depeche Mode dopo "Paper Monsters".
Disco assolutamente aperto alla sperimentazione musicale, con tracce molto diverse tra loro che esplorano vari generi, ma sempre in chiave elettronica, come del resto fanno i Depeche Mode.
Disco non proprio personalissimo in realtà, ma comunque molto originale e incisivamente modernissimo in molte melodie e atmosfere, e ultimamente non è cosa da poco.
Tracce da non perdere: Kingdom (che è anche il primo singolo) e A Little Lie.

Tracce:
1. Saw something - 5:14
2. Kingdom - 4:34
3. Deeper and deeper - 4:34
4. 21 days - 4:35
5. Miracles - 4:38
6. Use you - 4:48
7. Insoluble - 4:57
8. Endless - 5:47
9. A little lie - 4:53
10. Down - 4:34

Durata 48 minuti e 34 secondi
Etichetta EMI

sabato 19 aprile 2008

Il Superuomo di D'Annunzio: Interpretazione dannunziana di Nietzsche e Romanzi del superuomo

D’Annunzio riprende il pensiero di Nietzsche, ignorando la critica che il filosofo attua nei confronti dell’ideologia, la quale tende ad inquadrare la realtà all’interno di schemi rigidi formati da presunte verità, e, invece, ne esalta l’aspetto vitalistico, attraverso l’esaltazione della volontà dipotenza (impulso fondamentale della vita), e l’aspetto dionisiaco, che ci spinge ad immergerci nel caos della vita stessa. L’estetismo si fonde con il bellicismo, che non ha più solamente motivazioni nazionalistiche, ma, diventa celebrazione della violenza e della strage.


Nelle opere del superuomo dannunziano, l’esteta unisce, così, il culto della forza a quello della bellezza, trasformandosi da dandy in superuomo.


Nel romanzo “Le Vergini delle rocce”, il protagonista, Claudio Cantelmo, è alla ricerca di una donna degna di lui, con cui dare vita ad un figlio, che sia il futuro Re di Roma ed il capostipite di una razza superiore.
L’arte, in particolare la poesia, viene concepita come strumento per difendere la Bellezza, possibile solo in una società elitaria, dalla meschinità della democrazia borghese e dall’arroganza delle plebi (la “Gran Bestia”).
D’Annunzio mantiene, perciò, le stesse posizioni che aveva assunto nell’articolo “La Bestia elettiva” (25-26 settembre 1892) che scrisse per Il Mattino. Nel quale, attacca il suffragio universale sostenendo che “è stato inventato con straordinaria accortezza per spogliare le plebi dei propri diritti” e disprezza le plebi affermando che “resteranno sempre schiave e destinate a soffrire”.
Ovviamente, il romanzo riceve il nome dalla celebre opera di Leonardo, pensato dall’autore come l’eroe rinascimentale per eccellenza, in cui trovano sintesi pensiero e azione, vita e arte.

Nel romanzo “Il Fuoco”, il protagonista, Stelio Effrena, ha superato i dubbi che aveva Andrea Spirelli ne “Il Piacere”, il quale nel tentativo di “fare la propria vita come un’opera d’arte” si era scontrato con una società di massa che al valore qualitativo della Bellezza aveva preferito quello quantitativo del profitto.
Qui, invece, l’artista diviene in grado di imporsi sulle masse attraverso la manipolazione culturale e la creazione di nuovi modelli di vita.

La ricerca dell’onnipotenza dell’io, però, deve scontare anche il rischio della vanità dello sforzo e della sconfitta.
Nel “Forse che sì forse che no”, ad esempio, il protagonista troverà il riscatto e la gloria grazie ad un eroico volo aereo. La macchina diviene, in tal modo, il mezzo che consente al superuomo la sua affermazione.

In definitiva il superuomo dannunziano piega l’intero mondo che lo circonda (la donna, le macchine, la natura,..) al proprio progetto di affermazione.

Pubblicato su UNO PROVOCATORIO

Bibliografia:
- “Il piacere”, Gabriele D’Annunzio, Classici Moderni Oscar Mondadori

- “Le vergini nelle rocce”, Gabriele D’Annunzio, Oscar Mondadori
- “Linea di una bibliografia italiana su Nietzsche”, a cura di Roberta Amà e Donatella Cervi
- Tratto e liberamente rielaborato da “Il mito del super uomo”, La scrittura e l’interpretazione - Volume 3, G. B. Palumbo Editore, 2000
- Storia e antologia della filosofia – Ottocento e Novecento, Editori Laterza, 2000

giovedì 17 aprile 2008

Arte Digitale

Negli ultimi anni sta prendendo sempre più piede una nuova forma d’arte definita “arte digitale” o “net art”. Da come si può capire questo genere d’arte si è sviluppato attraverso l’innovazione tecnologica dei computer e della sempre più estesa informatizzazione della vita quotidiana. Infatti sembra logico che anche l’arte abbia subito l’influsso del computer e di tutti quei programmi che permetto di creare, modificare immagini: la grafica tridimensionale viene creata attraverso il processo di disegnare immagini complesse a partire da forme geometriche, poligoni o NURBS, per creare forme tridimensionali realistiche, oggetti e scene utilizzabili in diversi media, come film, televisione, stampe ed effetti speciali visivi, l’arte frattale è creata completamente attraverso il computer che genera l’immagine attraverso un funzione molto complessa; il foto ritocco è attualmente molto utilizzata in fase di post-produzione dai fotografi oppure attraverso il fotomontaggio per generare effetti e creazioni nuovissime e mai immaginate; infine l’immagine può essere acquisita attraverso il mouse o la tavoletta grafica per poi essere elaborata.
Purtroppo questa forma d’arte non ancora è così conosciuta, non solo dai fruitori occasionali d’arte, ma anche dagli esperti, che in molti casi la bistrattano o la ritengono un “gioco” e non degna di entrare a fare parte dell’“ARTE” nel senso classico della parola. Fortunatamente questa si sta facendo conoscere attraverso internet, l’ambiente ideale dove pubblicare immagini, video e grafica di vario genere. Ultimamente si sta cercando di portarla anche all’interno dei musei installando monitor su cui visualizzare le opere.
In questo video potete vedere degli esempi e capirne le potezialità!

link:
http://www.artedigitale.net/
http://www.immaginaria.net/sezione.php/id/38

mercoledì 16 aprile 2008

L’ultimo Tiziano e la sensualità della pittura

Alle Gallerie dell'Accademia ritornano Tiziano e la sua produzione tarda. Un tema che era già stato affrontato recentemente a Belluno nell'esposizione Tiziano ultimo alto. La prospettiva scelta a Venezia è radicalmente diversa, senza particolare interesse per l'attività della bottega e dei collaboratori. Qui lo scopo è offrire un gruppo di opere rappresentativo della grandezza di Tiziano, che ci faccia percepire perché egli rappresenti uno dei grandi maestri di ogni tempo.
Intorno alla metà del Cinquecento, già quasi sessantenne, Tiziano scopre un nuovo modo di dipingere: il colore si stende veloce e libero sulla tela e si sovrappone in corpose pennellate, le forme si scompongono, si accentua una grande sensualità e contemporaneamente una profonda spiritualità. Con una tecnica straordinariamente anticipatrice, crea una pittura teatrale che emoziona e per certi aspetti sembra legarsi all’opera del Tasso e agli scritti di Ariosto pubblicati negli anni ’30 del Cinquecento proprio a Venezia.
Le Gallerie dell’Accademia di Venezia posseggono l’ultima opera di Tiziano “La Pietà”, un grande ex voto contro l’epidemia che infuriava nell’anno della sua morte, che rappresenta forse il momento più alto di quella tecnica e di quella stagione artistica.
Il percorso espositivo è articolato in tre sezioni dedicate ai ritratti, ai temi profani e alla pittura sacra, che manifesta chiaramente il titanico impegno di Tiziano attraverso il racconto che queste opere propongono al visitatore.
E le immagini proseguono oltre la mostra, nelle collezioni permanenti delle Gallerie dell’Accademia, dove si incontrano i contemporanei, e il paragone con i capolavori di Giorgione, Veronese e Tintoretto diventa anche motivo per amplificare ed esaltare la novità del messaggio tizianesco.

Gallerie dell'Accademia di Venezia,
Campo della Carità
Dorsoduro 1050
30130 Venezia
prorogata fino al 5 maggio
lunedì 8.15-14.00 , da martedì a domenica 8.15-19.15
Per prenotazioni telefoniche:
da lunedì a venerdì ore 9.00-18.00
sabato ore 9.00-14.00
Tel 041 520033345 – 199.199.100
Ingresso intero: € 10
Ingresso ridotto: € 7
www.ultimotiziano.it

martedì 15 aprile 2008

Sculture sonore suonate dal vento

Ho trovato questo interessante video su un nuovo modo di concepire la scultura. La fusione fra materiale, suono e natura. Questa strana creazione infatti suona con il soffio del vento. Il suo suono è perpetuo e assolutamente incontrollabile dalle persone. Soffia una melodia un po cupa ma è davvero suggestiva. Questa frontiera di arte la trovo molto interessante, in particolare ciò che mi esalta è la fusione delle tipologie apparentemente diverse di creazione. Quando la natura suona ciò che la terrà da e che l'uomo plasma in un circolo armonico perpetuo e incessante come il soffiare del vento.

lunedì 14 aprile 2008

Edgar Lee Masters


Probabilmente Edgar Lee Masters verrà ricordato come lo scrittore di un solo libro: la "Antologia di Spoon River", pubblicata in Italia per volere di Pavese solo nel 1943 (ma uscita negli USA nel 1915) e famosa per l'album del cantautore Fabrizio de Andrè "Non al denaro, non all'amore nè al cielo" liberamente ispirato all'opera dello scrittore americano.
Masters ha sempre scritto poesie fin da bambino, ma ha dovuto conciliare questa sua passione con i suoi problemi economici: ha svolto svariati lavori, prima col padre, poi cercando fortuna a Chicago come giornalista, esattore ed infine in uno studio legale. Come scrittore non ha mai avuto fortuna fino al 1914, l'anno di grazia nel quale scriverà le 244 poesie dell'Antolgia. Un anno di ispirazione e poesia incastonato in una vita da avvocato.

Come detto l'opera è costituita di 243 poesie più La collina che funge da prologo. L'idea alla base dell'Antologia è geniale: in ogni poesia una delle centinaia di persone sepolte sulla collina in riva al fiume parla dall'aldilà, si racconta e si svela come mai aveva fatto nella vita. Così veniamo a sapere, grazie alla voce dei morti che soffia dalle lapidi, di ciascuno la storia, il momento del trapasso, i dolori e i rimpianti. Ogni poesia diventa un epigrafe cantata con uno stile rozzo, a volte poco musicale, ma sempre efficace (consiglio di leggerla anche in lingua originale). Masters ci regala un incredibile omaggio alla vita: tutti i morti sono profondamente legati a ciò che è successo loro, ricordano situazioni, paesaggi, un gesto, un'emozione e tutto assume i contorni della sacralità perchè inchiodato all'attimo decisivo della morte. Lo scrittore americano ci offre un esemplare catalogo di personalità che attraverso la loro voce ci descrivono anche la vita del paese. Veniamo così a conoscenza della corruzione, delle invidie, dei soprusi di Spoon River. Il paese diventa allegoria del mondo in generale e l'Antolgia si veste di una funzione etica. Ma quello che più rimane di questo capolavoro è la voce stessa dei morti, la voglia di raccontare a chi passeggia tra queste lapidi, con una manciata di versi, una vita intera. Per ricordare, per non dimenticare tutti quelli che "...dormono, dormono sulla collina."

sabato 12 aprile 2008

Alan Parsons Project - The Turn of a Friendly Card


Alan Parsons Project - The Turn of a Friendly Card (1980)

Genere Progressive Rock

Concept album incentrato sul gioco d'azzardo: racconta alcuni episodi della vita di un uomo che sfida la fortuna al casinò e si gioca tutto, perdendo tutto.
Come sempre un grande lavoro degli APP, maestri del prog anni 70 e 80, con melodie molto ad effetto e testi ricercati, che fanno capire molto bene il dramma che il protagonista sta vivendo. Album da ascoltare attentamente più volte, non da mettere distattamente mentre si va in macchina.
Tracce da ascoltare: Games People Play, Time e The Turn of a Friendly Card (part 1 e 2).

Tracce:
1. May Be a Price to Pay - 4:58
2. Games People Play - 4:22
3. Time - 5:04
4. I Don't Wanna Go Home - 5:03
5. The Gold Bug - 4:34
6. The Turn of a Friendly Card (part one) - 2:44
7. Snake Eyes - 3:14
8. The Ace of Swords - 2:57
9. Nothing Left to Lose - 4:07
10. The Turn of a Friendly Card (part two) - 3:22

Durata 40 Minuti e 32 Secondi
Etichetta Arista

lunedì 7 aprile 2008

Carlito's way Sesso soldi e finti paradisi.


Per gli amanti del cinema Poliziesco voglio spolverare questa "vecchia" (1993) chicca di Brian De Palma con un grande Al Pacino affiancato dal superlativo Sean Penn. Carlito's Way racconta la storia di Carlos Brigante, un malavitoso portoricano della Harlem ispanica e superviolenta dell'East River, e il suo cammino nel tentativo di cambiare vita.

Carlos ritorna dopo cinque anni di prigione nei luoghi in cui aveva dominato da gangster per tutta la sua giovinezza con un unica volontà: quella di cambiare vita al più presto possibile. Al suo ritorno ritrova una Harlem molto diversa in cui giovani teppistelli "senza onore" ultimi arrivati si atteggiano a grandi boss, ovunque si può fiutare l'effetto di un vento di cambiamento. Carlos è quasi un estraneo ormai un eroe dei tempi che furono. Il suo volere cambiare è tanto fuori luogo che deve tenerlo nascosto, l'unica cosa a cui pensare è accumulare i soldi necessari per fuggire su una lontana spiaggia "paradiso" con la sua amata compagna, lontano da omicidi spaccio prostitute e prepotenze scontate in ogni momento. La sua presenza nel quartiere non genera più il senso di rispetto che un tempo tutti provavano vedendolo passare, il suo "curriculum" è appena sufficiente a garantirgli una sopravvivenza seppur momentanea.
Ma a Carlos non interessa nulla di tutto ciò, egli vive nell'attesa di raggiungere la tanto sognata cifra senza immischiarsi in affari di nessun tipo.
Purtroppo come accade spesso non basta la volontà. Il destino avverso giocherà un cattivo tiro a Carlos.

Uno splendido film narrato tutto in flashback , un susseguirsi di eventi che forniscono un'accurata panoramica sulla delinquenza e sulla corruzione dei sobborghi newyorchesi (ma anche dei piani alti, basta ricordare la figura dell'avvocato miliardario cocainomane amico di Carlos). Harlem è come un inferno da cui non si scappa, chi ci prova viene annientato. Durante tutto il film si percepisce un senso di nostalgia per la cara vecchia mafia degli anni precedenti. A mio parere De Palma non vuole ovviamente spezzare una lancia a favore della passata scuola criminale ma solamente ricordare come quella sia stata davvero una scuola di cui i nuovi criminali erano allora studenti.
Osservando con attenzione e senso critico non vediamo altro che una realtà degradata ma che in fin dei conti è il prodotto della precedente di cui Carlos era un eroe. Se il protagonista guarda con occhio scettico i nuovi criminali per la loro arroganza non può dimenticare di non essere un santo, è semplicemente uno di loro (forse con maggiore senso dell' "onore" criminale tanto caro alla vecchia scuola) che tenta di scappare dal suo passato.
Dopo tutto, il mondo in cui ritorna Carlos è sempre lo stesso che aveva abbandonato cinque anni prima con la differenza che adesso nessuno ha bisogno di lui. E lui lo sa.
Finalmente capiamo in cosa consisteva il suo eroismo di un tempo: nel potere, come in ogni storia mafiosa che si rispetti.
Carlos ha sicuramente capito tutto questo e la sua apparente nostalgia per il mondo e il rispetto di allora è solo di facciata. Nel profondo ciò che vuole è la fuga verso il paradiso, forse nemmeno tanto delle Bahamas, ma nel senso stretto del termine: il riposo eterno.
A prima vista sembrerebbe che Brian De Palma voglia lasciarci con un semplice finale triste , privo di speranza, un finale che sarebbe tutto sommato adeguato al film e alla società in esso ritratto.
Ma credo che non sia così. Il significato di Carlito's Way è molto più profondo.
In un sobborgo violento e corrotto come Harlem c'è chi riesce a fuggire pur pagando la sua pena.
A mio parere il finale arriva come una benedizione per il protagonista, un espiazione dai peccati commessi in gioventù, tanto feroci e che una semplice gita "ai tropici" non avrebbe potuto certo lavare
Ben altra è la meta e per capirlo è necessario un colpo di pistola a bruciapelo alle spalle sparato da un vile killer. Questo è informato dall'amico di sempre di Carlos trasformatosi in giuda dopo avere appreso della volontà del protagonista di volere fuggire altrove.
Il killer non si ferma e uccide anche il giuda accanto a Carlito. Le due morti sono così vicine ma enormemente distanti fra loro: una rappresenta un'arrivo alla fine, alla stazione dell'inferno Harlem, quella del protagonista invece una fuga, per il paradiso.
Proprio come sussurra la frase sul cartellone in ultima immagine "ESCAPE TO PARADISE".
Non dimentichiamo poi che un' altra persona fugge da quel mondo criminale: l'amata di Carlos. Ed è incinta!
Ecco allora la conclusione della mia tesi. Carlos Brigante ottiene ciò che desidera, la sua fuga per la rinascita, anche se non nel modo in cui immaginava. Alla sua morte trova quel paradiso che tanto cercava nella consapevolezza di avere dato un atto di amore sincero e concreto, alla donna che ha amato: il figlio.
Un nuovo e migliore Carlos Brigante che grazie alla combattuta redenzione del padre vivrà in un posto migliore sicuramente meno malavitoso e corrotto.
Carlito certo di avere fatto il dovuto per l'amata e per il figlio può finalmente trovare il suo paradiso, quello reale e che in fondo sapeva di cercare dall'inizio.
"...sono stanco...sono stanco...." dice e se ne va.
Solo grazie ad una regia così accurata riusciamo a capire che la rivoluzione interna di Carlito è finalmente arrivata.
Credo che De Palma riassuma il succo del film, quel Carlito's Way, nell'inquadratura stupenda finale in cui il punto di osservazione ruota di 180° dal modo di vedere della gente al punto di vista di Carlos sulla barella in procinto di raggiungere la pace.
Il modo di usare la camera in quel momento è l'elemento che da solo mette in chiaro tutto il film: è simbolo concreto che Carlos per potere fuggire deve cambiare la prospettiva: non può più stare tra la gente, la sua deve essere una rottura netta.
Quella saggia rotazione che superficialmente serve a riportare la narrazione dal flashback al presente, in realtà è di più: essa stessa è la rivoluzione al cambiamento di Carlos, è la fine della maledizione.
Ora Carlos ha uno sguardo diverso, sta comprendendo come la sua salvezza sia su una barella; finalmente può riflettere osservando tutti da un altro posto, ha gia lo sguardo in paradiso.

Pubblicato su Antonio La trippa

Arte del Sogno di Gondry: recensione

Ho deciso di arricchire il blog di una importante materia che studio all'università...il cinema.....E' assurdo infatti che il blog di un ragazzo che studia cinema..non abbia nemmeno un articolo a riguardo.
Ecco il primo....L'arte del sogno di Gondry:una breve recensione....






TITOLO ORIGINALE
The Science of Sleep
NAZIONE
Francia
GENERE
Commedia, Drammatico
DURATA
105 min. (colore)
DATA DI USCITA
19 Gennaio 2007

REGIA
Michel Gondry
SCENEGGIATURA
Michel Gondry
DISTRIBUZIONE
Mikado
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PROTAGONISTI
Gael García Bernal
Charlotte Gainsbourg
Jean-Michel Bernard
Emma de Caunes
Alain Chabat
Miou-Miou
Aurélia Petit
Pierre Vaneck

Labile è il confine tra sogno e realtà per Stephane, un giovane sognatore inventore creativo, che ritorna nella casa materna dopo anni vissuti in Messico prima della morte del padre. Il giovane soffre di un disturbo percettivo e continuamente mescola reale ad onirico. Il disturbo si accentua al ritorno nella casa dove ha vissuto la sua giovinezza, Stephane diventa incontrollabile. Il suo modo di comportarsi è profondamente in contrasto con le necessità (imposizioni per meglio dire) della vita reale quali lavoro, rapporti familiari etc etc.
Se ne accorge subito Stephanie, musicista sognatrice eterna bambina, a cui il modo di fare del vicino di casa piace molto essendo con lei compatibile in tutto e per tutto. Come è bello passare il tempo nelle fiabe, tutto prende le sembianze di una realtà meravigliosa in cui cavalli di pezza prendono vita e si abbeverano in rigagnoli di cellophane.
Stephane finisce per innamorarsi della dolce vicina. Dio li fa e poi li accoppia verrebbe da pensare. Tutto giusto ma come si sa se gli opposti si attraggono gli uguali si respingono.
Stephane non può superare l'eterno blocco di dichiarare il proprio amore, percepisce sempre rifiuti ( del tutto immaginari e intrisi di allucinazione) stravolgendo continuamente il reale. Stephanie dopotutto immersa nel suo complesso fanciullesco non vuole uomini ma crede che tutti i sentimenti si debbano tessere come in una splendida fiaba; può al massimo comportarsi da mamma amica (la scena in cui accarezza i capelli di lui che dorme). Il loro amore non può nascere se non in un mondo di sogno, lontano dalla realtà, magari su una barca di stoffa con una foresta sopra, navigando chissà dove fra le onde di cellophane.
Gondry ci permette di fare capolino in un mondo parallelo al nostro, un mondo di fiabe ma che per esistere deve servirsi di elementi reali (tutte le scene di "sogno" hanno sempre a che fare con ricordi reali dopotutto).Confuse sono le situazioni della vita di tutti i giorni, sembrano prive di ogni importanza al cospetto della poesia onirica di incessante potenza della mente; eppure talvolta il reale non è poi peggiore del sogno. Tutto ciò che nella realtà crediamo sia importante altro non fa che incatenare sempre più la nostra mente impedendole di esprimersi e mostrare ciò che vorremmo essere.A riguardo forte è l'influsso del pensiero surrealista Bretoniano: L'uomo, che era sognatore, ha perso la capacità di immaginare accettando di lavorare per vivere, ma è scontento. (A Breton).
Gondry con estrema sensibilità traspone tutto questo in situazioni oniriche in cui ci si sente amichevolmente accolti; l'uso della camera a mano ha una particolare efficacia di tramite verso realtà parallele del pensiero. Questo tipo di ripresa si rivela ottima e anche nel mostrarci i continui cambiamenti di umore dei personaggi nei momenti cruciali della loro relazione. Si alternano tenerezza e angoscia, amore e frustrazione, poesia e rabbia. Il messaggio di Gondry e legato ad una continua alternanza.
Non sempre la realtà che la nostra mente crea è idilliaca, armonica, poetica, amichevole e rilassante. Non sempre ciò che viviamo nel sonno è migliore del reale, talvolta affoghiamo nell'angoscia più totale e il risveglio ci da un sollievo particolare, paradossalmente facendoci fuggire nella realtà diversa e amica.
La nostra vita è un insieme di sogno e veglia. Angoscie e paure più o meno reali si mescolano con percezioni di calma poesia e armonia in tutto ciò che facciamo. Ciò che abbiamo davanti agli occhi nella veglia non è il reale ma una particolare revisione di esso. Parimenti il sogno è il risultato di un filtraggio, rielaborato ancora e ancora fino a casi di allucinazione. Il risultato di questa continua mescolanza è talmente concreto da riuscire a forgiare le nostre personalità.
Stephane è l'esempio estremo di tutto questo. Quando il sonno lo coglie all'improvviso egli non fa altro che iniziare un processo di revisione dell'attimo reale. Lo stesso momento, percepito diversamente e influenzato dal suo flusso di coscienza in modo così potente da diventare allucinazione. Ciò che avviene in ognuno di noi in forma molto più moderata non appena facciamo supposizioni su delle situazioni o giudizi di su persone. Non facciamo altro che interpretare mentalmente la realtà; certo non arriviamo all'allucinazione (ma dopotutto quello di Stephane è uno stato patologico) fermandoci ad uno stadio diverso che tuttavia non ci nega di potere iniziare a filtrare elementi che sedimenteranno all'interno di noi e si ripresenteranno puntualmente a livello inconscio senza il nostro controllo.
L'arte del sogno è l'arte dell'interpretazione, l'arte di modellare semplici oggetti come stupendi feticci a immagine di sensazioni e turbamenti, è l'arte del momento presente che sfuma lasciando frammenti di polvere di sentimenti, nutrimento costante di ciò che è e non esiste.

articolo pubblicato su Antonio la trippa